Brainstorming: significato, origini, tipologie, design room

La tecnica del Brainstorming, così come la conosciamo ed usiamo negli uffici di tutto il mondo, ha un’origine ben precisa. Conoscere come si è evoluta, alla luce degli enormi cambiamenti avvenuti negli ultimissimi anni, è utile per diversi aspetti:

  • L’utilizzo della tecnologia può favorire la produttività della creatività?
  • Il brainstorming da remoto è possibile?
  • Come deve essere lo spazio per invogliare o favorire la creatività?

Partiamo dalla cosa più semplice, dal significato.

Cos’è il Brainstorming

Il brainstorming è una tecnica di stimolazione della creatività di gruppo, si potrebbe paragonare ad una tempesta perfetta di idee che ha lo scopo di far sbocciare soluzioni innovative. Una modalità controllata di esercizio di pensiero collettivo in cui le menti si liberano dai vincoli della consuetudine e abbracciano un flusso associativo di concetti, possibilmente, ma non è semplice, senza freni inibitori.

Si cerca di favorire il sorgere di idee imprevedibili che causano proposte fuori dal coro, articolate e che possono trasformarsi nella scintilla per un’intuizione rivoluzionaria. Il tutto avviene in un clima di apertura mentale totale, in cui ogni suggerimento è accolto come un potenziale innesco per esplorare sentieri di pensiero apparentemente distanti dal normale pensiero associativo.

Un modello di dinamica sinergica ove i contributi si mescolano e potenzialmente evolvono, contaminandosi a vicenda fino a sbocciare in prospettive inedite. Un esercizio appositamente controllato di immaginazione a tutto tondo, privo di giudizi e filtri, con lo scopo di espandere orizzonti possibili. Il brainstorming è un concetto innovativo in cui si abbattono i confini, per spingersi ben oltre i recinti della consuetudine.

L’obiettivo principale è sospendere almeno temporaneamente il classico pensiero analitico per promuovere un flusso spontaneo di nuove alternative e punti di vista non esplorati. Almeno in teoria Il brainstorming sfrutta la sinergia del gruppo e l’interazione tra i componenti per amplificare la capacità ideativa oltre i limiti del pensiero individuale.

Origini del Brainstorming – l’ideatore

Dobbiamo risalire agli anni ’30, per collocare la nascita del brainstorming. Un pubblicitario di nome Alex F. Osborn decise di affrontare una sfida importante e decisiva per il buon andamento dei suoi affari: i suoi dipendenti faticavano a proporre ottime idee creative quando lavoravano individualmente. Frustrato, Osborn decise di provare una nuova strada: riunire il team e far confluire i pensieri in sessioni di riflessione collettiva.

I risultati furono incoraggianti. Osborn notò che mettendo insieme le menti, la qualità e la quantità delle proposte si amplificavano in modo esponenziale. Aveva individuato un metodo efficace per stimolare l’estro creativo: il brainstorming di gruppo.
Osborn affinò questa tecnica per diversi anni, fino a trovare una codifica nel 1953 nel libro “Applied Imagination“. Delineò secondo la sua esperienza i principi cardine affinché il brainstorming funzionasse in maniera ottimale: rinviare ogni giudizio critico ed esaltare la quantità di idee prodotte, confidando che più se ne producevano più sarebbero emerse soluzioni di qualità.

Le regole della tecnica di Brainstorming secondo Osborn

Le regole d’oro del brainstorming di Osborn puntavano a creare un ambiente privo di inibizioni, dove le menti svincolate potessero spaziare libere:

  1. Dare priorità al numero, più idee si forniscono al gruppo più se ne possono raffinare.
  2. Rimandare valutazioni e critiche, per non frenare il flusso associativo.
  3. Nessuna proposta è troppo eccentrica, gli spunti più arditi espandono gli orizzonti.
  4. Combinare e far evolvere le proposte, due più due può fare tre o più.

Secondo Osborn, solo rimuovendo giudizi e filtri mentali i partecipanti avrebbero connesso concetti in modo inaspettato e innovativo. Il brainstorming era la chiave per liberare la creatività e generare soluzioni in qualsiasi ambito lo si applicasse.

Questa innovativa tecnica doveva focalizzarsi su un singolo interrogativo ben definito. Problemi ampi e sfaccettati avevano poche possibilità di generare soluzioni efficaci e andavano evitati, perché disperdevano l’attenzione. L’obiettivo ideale era generare una pioggia di idee per affrontare uno specifico quesito creativo, come ad esempio trovare un nome accattivante per un nuovo prodotto, oppure una modalità inaspettata di rappresentarlo. Problemi di natura più analitica e giudicante, come decidere se conviene o meno acquistare un’auto, non si prestavano al brainstorming.

Le sessioni prevedevano gruppi di una dozzina di partecipanti circa, disposti in un mix tra esperti e principianti rispetto al tema esaminato. I componenti venivano esortati a lasciar correre la fantasia, senza freni inibitori, proponendo anche suggerimenti arditi e stravaganti. Nessuna idea andava criticata o discussa solo così ciascuno si sente invogliato a spingersi oltre ai limiti. Si trattava solo di gettare sul piatto più opzioni possibili, rimandando ogni valutazione a un secondo momento.

La critica alla tecnica classica di Brainstorming

Purtroppo, le ricerche non hanno confermato con certezza la tesi di Osborn secondo cui il brainstorming di gruppo raddoppiava la produttività creativa rispetto allo stesso lavoro di individui isolati. Anzi, gli studi di Michael Diehl e Wolfgang Stroebe hanno evidenziato l’effetto opposto: i “gruppi nominali”, composti da persone che lavoravano separatamente, generavano più idee dei “gruppi reali” riuniti fisicamente per le sessioni.

Sono state individuate tre dinamiche frenanti che sarebbero alla base delle carenze del brainstorming collettivo:

  • il free riding (ciascuno dà meno del massimo sapendo che il contributo è diluito);
  • l’ansia da giudizio (il timore di esporsi inibisce):
  • l blocco cognitivo (si perdono spunti ascoltando gli altri).

Un vero controsenso, visto che Osborn sosteneva l’opposto, cioè che lo stimolo reciproco avrebbe dovuto moltiplicare la creatività.

Sebbene le critiche alla sua efficacia, in determinate condizioni il brainstorming è capace realmente di esaltare la produttività creativa rispetto a persone che lavorano singolarmente. Si tratta di correggere gli elementi inibitori. L’utilizzo di sistemi di supporto informatici, dove i partecipanti immettono le loro idee in modo anonimo su un’unica piattaforma visibile a tutti, elimina ad esempio l’effetto frenante del “blocco cognitivo”.

Con queste tecnologie abilitanti, i gruppi di brainstorming sono riusciti a superare nettamente i “gruppi nominali”.
Si è notato anche che un fattore cruciale sono gli incentivi. Uno studio ha diviso i partecipanti in tre gruppi: nel primo ricevevano una paga fissa, nel secondo venivano ricompensati per ogni idea originale prodotta, nel terzo in base all’impatto effettivo delle loro proposte sull’intero gruppo. Ebbene, la produttività creativa è aumentata in modo esponenziale man mano che gli incentivi diventavano più sostanziosi e direttamente legati ai risultati. La prospettiva di un compenso adeguato ha reso i soggetti molto più proattivi e costanti nell’attività ideativa.

Le varianti al metodo classico

Nel tempo, con lo scopo di superare i limiti della tecnica classica, si sono sperimentati metodi alternativi. Ciascuno di essi ha caratteristiche evolutive ma che non hanno oltrepassato l’idea originaria di Osborn.

Tecnica del gruppo nominale

Un’interessante variante del metodo classico consiste nella “tecnica del gruppo nominale”. In questo caso, i partecipanti generano le idee in completo anonimato e in forma scritta. Successivamente, il moderatore raccoglie tutte le proposte e le sottopone al voto del gruppo, che può scegliere quelle più promettenti. Queste vengono poi ulteriormente approfondite e rielaborate da sottogruppi, prima di essere nuovamente vagliate e gerarchizzate collettivamente. L’obiettivo è favorire un processo iterativo, privo di inibizioni legate alla presentazione o all’esporsi pubblicamente, dove anche concetti inizialmente scartati possono essere ripresi e fatti crescere.

Tecnica dei passaggi di gruppo

Per superare il metodo classico, sono state sviluppate numerose varianti per provare a migliorare l’efficacia del brainstorming di gruppo. Una di queste è la “tecnica dei passaggi di gruppo”: i partecipanti, disposti in cerchio, annotano a turno le proprie idee su un foglio che viene fatto ruotare di mano in mano. Ognuno può così arricchire e far evolvere i concetti dei compagni, favorendo un processo iterativo e collaborativo di esplorazione approfondita. Questa proposta ha in sé il carattere ludico che incrementa il senso di unione che più procede maggiore innalza il senso di libertà creativa.

Metodo di mappatura delle idee

Altra opzione interessante è il “metodo di mappatura delle idee”: dopo una prima fase individuale, tutte le proposte vengono riunite in un’unica grande mappa mentale condivisa. Confrontando e connettendo visivamente i diversi spunti, il gruppo può individuare relazioni e sinergie nascoste, stimolandosi a vicenda verso nuove intuizioni. Una volta raccolto il patrimonio di idee, si passa alla fase di valutazione e prioritizzazione.

Brainstorming elettronico

Il “brainstorming elettronico” è la trasposizione digitale della tecnica classica, grazie a sistemi che permettono sessioni online anonime e prolungate nel tempo. I partecipanti immettono liberamente i propri contributi in una piattaforma comune, visibili a tutti ma in forma del tutto anonima per ridurre freni inibitori. Questi strumenti hanno grandi vantaggi: eliminano il problema del “blocco produttivo”, permettono sessioni asincrone, coinvolgono gruppi molto più numerosi e consentono archiviazione e recupero strutturato delle idee. Va gestito bene poiché aumenta la complessità della raccolta delle idee creative.

Con tutta probabilità lo sviluppo della IA (intelligenza artificiale) arriverà anche qui.
Alcune varianti web puntano anche sull’anonimato totale, con Avatar fittizi al posto dei nomi. In questo caso le sessioni possono estendersi nell’arco di settimane, lasciando ai partecipanti il “tempo di immersione” necessario per sviluppare con calma le proprie proposte prima di condividerle col gruppo. Questa flessibilità risulta particolarmente utile in ambiti come lo sviluppo di nuovi prodotti che necessitano di maggiori dettagli.

Brainstorming diretto

Un’ulteriore declinazione molto interessante è il “brainstorming diretto”, che può essere svolto manualmente o con supporti digitali. Questa variante funziona quando i criteri per valutare un’idea valida sono noti in partenza e vengono esplicitamente comunicati ai partecipanti per indirizzare fin da subito la generazione di proposte.

Il processo prevede cicli iterativi in cui i soggetti ricevono casualmente un’idea altrui, con l’obiettivo di migliorarla secondo i parametri stabiliti, prima di ripassarla al gruppo. Prove di laboratorio hanno mostrato che questa tecnica arriva quasi a triplicare la produttività rispetto al brainstorming elettronico tradizionale.

Le alternative al metodo classico del brainstorming

Un filone alternativo è invece rappresentato dal “brainstorming individuale”: ciascun partecipante sviluppa le proprie idee in solitaria, servendosi di tecniche come la scrittura libera, il parlare ad alta voce o il mind mapping. Secondo vari studi, questo approccio introspettivo risulta più prolifico rispetto alle sessioni di gruppo, specie in ambiti come la scrittura creativa.

Un’ultima metodologia interessante è il “brainstorming di domande”: invece che cercare subito risposte e soluzioni, ci si concentra sul generare domande, indagando e frammentando il problema da più angolazioni possibili. L’obiettivo, non è trovare subito risposte immediate ma impostare un buon framework di quesiti da cui far scaturire successivamente veri piani d’azione. Il “questorming” agevolerebbe la partecipazione, liberando da ansie da prestazione.

Che influenze ha lo spazio sulla tecnica del Brainstorming

In che modo le diverse caratteristiche dell’ambiente possono influenzare il nostro stato mentale e, di conseguenza, la nostra capacità di essere creativi?
L’antropologo Edward T. Hall negli anni ’60 osservò una netta differenza tra l’impatto emotivo e psicologico di ambienti raccolti come le cappelle rispetto agli spazi maestosi delle cattedrali. È noto come “effetto cattedrale“, le prime sembravano indurre un senso di raccoglimento e introspezione, mentre le seconde ampliavano gli orizzonti percettivi, generando emozioni più intense e persino la pelle d’oca.

Ricerche contemporanee hanno confermato questa intuizione, associando l’altezza dei soffitti a specifici stati mentali. Ambienti con volte elevate favoriscono la dilatazione dei processi cognitivi, un senso di libertà mentale che facilita la formazione pensieri più astratti, olistici e relazionali – caratteristiche chiave per la creatività. Al contrario, spazi più bassi stimolerebbero una maggiore concentrazione analitica e attentiva ai dettagli.

Sarebbe tuttavia riduttivo circoscrivere l’impatto degli spazi alla sola altezza dei soffitti. L’esperienza ambientale rimane un fenomeno multisensoriale, un complesso di elementi che plasmano congiuntamente la nostra psiche. L’illuminazione ne è un esempio calzante: la luce naturale regola i ritmi circadiani, favorendo picchi di energie e relax funzionali alle performance intellettive e alla qualità del sonno ristoratore, fattore cruciale per la creatività secondo studi sul sonno REM.

Illuminazione controllata per stimolare creatività e razionalità

Eppure, persino l’illuminazione artificiale può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Alcuni esperimenti hanno riscontrato che tenue penombra può indurre stati mentali più disinibiti e associativi, mentre illuminazione accresciuta stimola un pensiero più logico e raziocinante. L’ideale sembra essere un uso contestualizzato di entrambe le condizioni illuminotecniche.

Il movimento fisico, meglio se all’aria aperta, rappresenta un ulteriore moltiplicatore di creatività. Il semplice atto di camminare favorisce il libero fluire dei pensieri e il germogliare di inattese intuizioni, così come insegnavano già i peripatetici dell’antica Grecia passeggiando con Aristotele tra le vie di Atene. Una strategia oggi ampiamente adottata dall’architettura contemporanea per allungare i percorsi e sollecitare il moto. Una tendenza che sembra necessaria persino negli uffici e che si è massificata, nella progettazione degli uffici moderni, a partire dal periodo pandemico.

Ci sono dunque degli spunti che si possono cogliere e sfruttare per realizzare spazi funzionali alla creatività richiesti durante le sedute di brainstorming. Colori, illuminazione, vedute, forme e posture possono indurre un senso di attivazione, libertà e coinvolgimento necessari a far scattare la scintilla della creatività. La creatività sembra una fiera che si vorrebbe incatenare e usare a proprio piacimento, un concetto stravagante e contraddittorio.

Concludiamo

Il brainstorming è un metodo popolare e molto apprezzato per stimolare la creatività di gruppo, sebbene ancora molto dibattuto in termini di reale efficacia. Ricerche e sperimentazioni su varianti e miglioramenti sono ancora in corso. Alcune proposte si ritengono più produttive dell’impostazione classica, ma troppi fattori possono influenzarne l’esito per dare giudizi definitivi. Ulteriori approfondimenti sono necessari per comprendere appieno pregi e limiti delle diverse tecniche di brainstorming.

I luoghi che ispirano la creatività possono essere disegnati rispettando canoni ormai noti, il resto lo fa il senso di sfida, il pensiero divergente e la capacità di andare oltre il consueto.

Massimiliano Notarbartolo

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