Cronotopi: Perché lo smart working ci fa sentire a disagio

Hai mai provato quella sensazione di non riuscire mai davvero a staccare quando lavori da casa? Quella difficoltà a capire se sei in modalità lavoro o in modalità famiglia, anche quando hai chiuso il laptop? Non si tratta di una questione di disciplina personale:, è un fenomeno che ha radici profonde nella relazione tra spazio e tempo.
Il filosofo e teorico letterario russo Mikhail Bakhtin ha coniato negli anni ’30 il concetto di cronotopo – dal greco chronos (tempo) e topos (luogo). In pratica, Bakhtin sosteneva che tempo e spazio non sono dimensioni separate, ma si fondono in configurazioni specifiche che danno significato alle nostre esperienze.
Applicato al mondo del lavoro, questo significa che ogni spazio porta con sé una temporalità intrinseca. La sala riunioni è il “tempo della decisione collettiva”. La scrivania personale è il “tempo del focus”. L’area break è il “tempo della pausa sociale”. Questi non sono unicamente dei luoghi fisici, ma vere e proprie configurazioni spazio-temporali che strutturano il nostro comportamento e la nostra identità professionale. Come a dire, se mi siedo alla scrivania con di fronte un monitor, avverto in maniera del tutto automatica la necessità di concentrarmi su di esso.
Con lo smart working obbligatorio durante la pandemia, questi cronotopi sono collassati tutti nello stesso ambiente.

La Teoria del Cronotopo: Spazio e Tempo Inscindibili

Bakhtin scrive: “il tempo, per così dire, si addensa, prende corpo, diventa artisticamente visibile; allo stesso modo, lo spazio diventa carico e reattivo ai movimenti del tempo, della trama e della storia”. In altre parole, ogni luogo non è mai “neutro”: porta con sé aspettative temporali, rituali, identità.
Ricercatori come Lorino e Tricard hanno applicato il concetto di cronotopo ai processi organizzativi, dimostrando che le strutture spazio-temporali influenzano profondamente i significati che attribuiamo al lavoro e le nostre identità professionali.
Alcuni esempi concreti di cronotopi negli uffici tradizionali:

  • La reception/ingresso: il momento della transizione, quando passiamo dalla sfera privata a quella professionale
  • L’open space: il tempo della collaborazione continua
  • La sala riunioni: il tempo della “decisione formale
  • Il corridoio/caffetteria: il tempo della “serendipità“, informale, dell’incontro casuale
  • L’ufficio privato: il tempo della “concentrazione protetta”, lineare e senza interruzioni

Questi cronotopi funzionano perché spazio e tempo si rinforzano reciprocamente: quando entri in sala riunioni, il tuo corpo e la tua mente sanno automaticamente che è “tempo di decisione”. Lo spazio fisico attiva la temporalità corrispondente senza che tu debba pensarci.

Il Collasso dei Cronotopi: I Dati della Ricerca

Con il passaggio forzato al lavoro da remoto durante la pandemia COVID-19, i ricercatori hanno documentato un fenomeno specifico: il boundary blurring, la sfumatura dei confini tra ambiti diversi della vita.
Uno studio pubblicato sul British Journal of Management spiega come “i confini fisici e psicologici che demarcano lavoro e vita sono stati sfumati dalle direttive COVID-19 sul work-from-home, che hanno limitato entrambi i domini allo stesso spazio 24 ore al giorno”.
Le ricerche mostrano dati preoccupanti. Uno studio condotto su 155 lavoratori da remoto ha rivelato che chi preferisce tenere separati lavoro e vita privata (quella che gli psicologi chiamano “segmentazione”) ha sofferto molto di più durante il lockdown. Il motivo? Quando lavori e vivi nello stesso posto, mantenere confini netti diventa praticamente impossibile.
La letteratura scientifica identifica due dimensioni chiave: la permeabilità (quanto il lavoro invade mentalmente il tempo personale, e viceversa) e la flessibilità (la possibilità di lavorare in momenti e luoghi diversi). Prima della pandemia, queste caratteristiche erano considerate vantaggi della flessibilità lavorativa. Durante il lockdown sono diventate fonti di stress cronico.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dedicato un report a questo fenomeno, evidenziando che “i cambiamenti nelle routine lavorative e la sfumatura dei confini tra lavoro retribuito e vita personale” hanno portato a un aumento delle ore lavorate e a difficoltà crescenti nel “staccare mentalmente”.

Il Disagio Psicologico della Sovrapposizione Cronotopica

Perché questa sovrapposizione crea così tanto disagio? La risposta sta nella confusione identitaria.
I ricercatori descrivono una situazione paradossale: i confini erano “sia altamente permeabili, con frequenti passaggi tra ruoli lavorativi e familiari, sia altamente inflessibili rispetto a tempo e luogo”. In pratica: massima integrazione fisica degli spazi, ma zero flessibilità reale.
Un dipendente citato nello studio racconta: “Lavorare da casa è demotivante perché non riesco a tenere il passo con le richieste del lavoro e della casa… a volte devo mettermi in malattia per avere il mio spazio”. Questa testimonianza mostra come il boundary blurring estremo abbia creato una competizione continua tra responsabilità diverse, tutte concentrate nello stesso posto e spesso nello stesso momento.
La casa ha perso la sua funzione di rifugio – quel posto dove recuperare energie, rilassarsi, stare con la famiglia – perché invasa dal cronotopo lavorativo. Ma allo stesso tempo, il lavoro ha perso i suoi cronotopi strutturanti (lo spazio della riunione, del focus, della pausa) perché tutto avviene nello stesso ambiente domestico.

Design Implications: Ricostruire Cronotopi in Spazi Ibridi

Come si progettano uffici per un mondo in cui i cronotopi tradizionali non funzionano più? La ricerca suggerisce tre direzioni chiave:
1. Progettare Transizioni Intenzionali
Gli studi mostrano che le persone hanno sviluppato spontaneamente “rituali temporali” per gestire il work-from-home: vestirsi come per l’ufficio, fare una passeggiata prima di iniziare, chiudere la porta dello studio a fine giornata.
Negli uffici ibridi, questo significa creare:

  • Spazi di “decompressione” all’ingresso: non più solo reception, ma zone dove transitare psicologicamente dalla modalità “strada” alla modalità “lavoro”
  • Rituali di chiusura: aree dove “concludere” simbolicamente la giornata prima di lasciare l’ufficio
  • Segnali temporali visibili: illuminazione che cambia durante il giorno, orologi ben visibili, elementi che rendano tangibile lo scorrere del tempo

2. Cronotopi Multipli e Chiaramente Differenziati
Se l’ufficio deve competere con il divano di casa, deve offrire una varietà di ambienti impossibile da replicare in un appartamento:

  • Zone “deep work”: spazi per la concentrazione protetta, con acustica studiata, privacy visiva e controllo individuale
  • Zone “collision”: spazi per l’incontro spontaneo, posizionati strategicamente lungo i percorsi comuni, vicino a caffè e lounge
  • Zone “decision”: sale riunioni che comunicano chiaramente “questo è il tempo della scelta collettiva”
  • Zone “recovery”: spazi esplicitamente dedicati al relax e al “non-lavoro” dentro l’ufficio

L’importante è che ogni zona comunichi chiaramente la sua funzione e la sua temporalità attraverso design, acustica, layout, arredi.
3. Flessibilità Cronotopica Individuale
La ricerca evidenzia un punto importante: mentre ciascuno può gestire autonomamente quanto lasciare permeare vita e lavoro, la flessibilità di orari e luoghi dipende dalle politiche aziendali.
Il design deve quindi supportare:

  • Personalizzazione temporanea: la possibilità di “configurare” uno spazio in base al tipo di attività (concentrazione vs collaborazione)
  • Segnaletica di disponibilità: sistemi che comunichino agli altri “in questo momento sono concentrato” oppure “sono disponibile per una chiacchierata”
  • Varietà di setting: diverse “scenografie” tra cui scegliere a seconda del compito e del momento della giornata

Conclusione: Ri-temporalizzare lo Spazio

Il concetto di cronotopo ci ricorda una verità fondamentale: lo spazio non è mai solo spazio. Ogni ambiente porta con sé aspettative temporali, identità, rituali. Quando questi collassano – come è successo con lo smart working obbligatorio – generiamo un disagio psicologico reale e misurabile.
La sfida per chi progetta spazi di lavoro nell’era ibrida è duplice:

  • Negli uffici: ricostruire cronotopi chiari e differenziati che offrano una varietà impossibile da replicare a casa
  • Nel work-from-home: supportare le persone nel creare micro-cronotopi domestici attraverso rituali, spazi dedicati e transizioni temporali

Come scrive Bakhtin, il cronotopo è ciò che permette agli “elementi astratti di prendere carne e sangue”. Nel mondo del lavoro, questo significa che le dimensioni immateriali – concentrazione, collaborazione, creatività, senso di appartenenza – hanno bisogno di ancoraggi spazio-temporali concreti per manifestarsi.
Non progettiamo solo uffici. Progettiamo configurazioni di tempo-spazio che rendono possibili certe esperienze e ne escludono altre. E in un mondo dove venire in ufficio è una scelta volontaria, la qualità e la varietà dei cronotopi offerti può fare la differenza tra uno spazio deserto e uno magnetico.

Massimiliano Notarbartolo

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