In Italia, andare al bar per un caffè è più di una pausa: è un rituale sociale. Tutti lo conoscono, tutti lo praticano, nessuno lo impone. È ciò che i sociologi chiamano un “modello sociale” – un comportamento condiviso e volontario che crea coesione nella comunità. Émile Durkheim, padre della sociologia moderna, definiva questi rituali collettivi come il “backbone della solidarietà sociale”: pratiche ripetute che ci legano agli altri e danno significato alle nostre giornate.
Ma cosa succede quando anche l’ufficio – storicamente un luogo di obbligo e necessità – diventa volontario? Con l’hybrid working, i dipendenti scelgono quando e se andare in sede. Secondo una ricerca McKinsey condotta in diverse metropoli statunitensi tra il 2020 e il 2023, la presenza in ufficio è risalita gradualmente da circa il 17% dei livelli pre-pandemici fino a un range variabile tra il 40% e il 65%, con differenze significative tra le città. Le città con costi abitativi elevati e un’alta concentrazione di knowledge worker mostrano tassi di presenza più bassi.
Questa trasformazione pone una domanda fondamentale per chi progetta spazi di lavoro: se l’ufficio non è più un dovere, come si progetta per il desiderio?
La Teoria del Terzo Luogo
Per comprendere questo cambiamento, è utile rifarsi alla teoria del sociologo americano Ray Oldenburg, che nel 1989 ha introdotto il concetto di “terzo luogo”. Oldenburg definisce il terzo luogo come “una designazione generica per una grande varietà di luoghi pubblici che ospitano incontri regolari, volontari, informali e piacevolmente anticipati di individui al di fuori dei regni della casa e del lavoro”.
La tripartizione è chiara:
- Primo luogo: la casa, spazio di privacy e identità personale
- Secondo luogo: il workplace, dove si trascorre la maggior parte del tempo produttivo
- Terzo luogo: bar, caffè, librerie, parchi – luoghi di aggregazione volontaria
Le caratteristiche chiave identificate da Oldenburg includono la neutralità del territorio, la promozione dell’equità sociale tra gli ospiti, la conversazione come attività principale e un’atmosfera ludica, dove gli estranei sono benvenuti. I terzi luoghi non hanno prerequisiti per la partecipazione: si va perché si vuole, non perché si deve.
La tesi provocatoria: con l’avvento dell’hybrid working, l’ufficio si sta trasformando da secondo a terzo luogo. Non più spazio obbligatorio di produzione, ma destinazione volontaria di esperienza sociale.
Cosa Insegna la Ricerca Scientifica sul nuovo workplace?
La psicologia ambientale studia come gli spazi fisici influenzano comportamenti, emozioni e performance. La ricercatrice Jacqueline Vischer ha documentato come la concettualizzazione degli ambienti di lavoro stia passando dalla nozione di workspace come sfondo passivo al concetto di workspace come supporto attivo per svolgere il lavoro.
Gli elementi che la ricerca identifica come cruciali per il benessere negli spazi di lavoro includono:
Territorialità e Senso di Appartenenza: Studi dimostrano che la soddisfazione, il senso di territorio e di appartenenza agiscono come variabili mediatrici tra le caratteristiche ambientali del workplace e la produttività. Quando le persone possono personalizzare e “possedere” uno spazio, sviluppano un legame emotivo con esso.
Scala Umana degli Spazi: Il concetto del Numero di Dunbar suggerisce che open space con 400-600 lavoratori superano la scala umana, e sarebbe meglio creare planimetrie più piccole o suddividere lo spazio in zone più comprensibili. L’antropologo Robin Dunbar ha dimostrato che gli esseri umani possono mantenere relazioni sociali stabili con circa 150 persone: superata questa soglia, la coesione sociale si frammenta.
Introversione ed Estroversione: La ricerca mostra che gli estroversi trascorrono meno tempo in ufficio, e quando ci sono rimangono poco alla scrivania preferendo le “riunioni”, quindi tendiamo a progettare i nostri workplace per le persone che non sono effettivamente presenti. Un paradosso che richiede ripensare le tipologie di spazi offerti.
Il Grande Cambiamento: Dall’Obbligo alla Scelta
I dati confermano la portata di questa trasformazione. Prima della pandemia, solo l’8% dei dipendenti con lavori eseguibili da remoto lavorava interamente da casa, con circa un terzo in modalità mista. Oggi la situazione è radicalmente diversa.
L’88% dei lavoratori hybrid preferisce tre giorni o meno in presenza a settimana, con una leggera preferenza per due giorni (29%) rispetto a uno (19%) o tre giorni (22%). Solo il 12% desidera essere in ufficio quattro o cinque giorni.
La conseguenza strategica: le aziende devono “earn the commute” – meritarsi lo spostamento. Il sondaggio CBRE sulla percezione dei dipendenti mostra che prima della pandemia COVID-19 le persone trascorrevano in media 0,8 giorni a settimana a casa, mentre quando è stato chiesto quanti giorni a settimana vorrebbero lavorare da casa o in remoto nel 2022, la risposta è stata 2,8 giorni a settimana, dimostrando un notevole cambiamento nella mentalità e nelle preferenze. La ricerca non è freschissima ma il trend è abbastanza evidente.
L’ufficio non è più solo un luogo dove si lavora: sta diventando un luogo dove si vive un’esperienza, Vediamo quali sono le conseguenze..
Design per il Magnetismo Sociale
Come si progetta uno spazio che le persone vogliono frequentare? La ricerca JLL offre indicazioni precise.
1. Street-to-Seat Experience
Il concetto di “street to seat” considera i punti di contatto nel percorso dei dipendenti o consumatori attraverso gli ambienti circostanti fino alla loro destinazione, che sia il workplace, i negozi al dettaglio o le strutture ricreative. Non basta progettare l’interno: l’esperienza inizia dal contesto urbano, dal tragitto, dall’ingresso.
2. Spazi per la Connessione Sociale
Dopo anni di frequenza fluttuante in ufficio, la ricerca JLL mostra che le ragioni principali per cui sia i datori di lavoro che i dipendenti vengono in ufficio riguardano la connessione sociale e la cultura aziendale. Il design deve quindi prioritizzare spazi che facilitino l’interazione informale: lounge, aree caffè, zone di pausa che invitino alla sosta e alla conversazione.
3. Rituali e Significato
La ricerca di Harvard Business School ha dimostrato un legame diretto tra rituali di gruppo e senso di appartenenza. Eseguire attività di gruppo regolari ha portato a un aumento del 16% nel giudizio dei dipendenti sul significato del loro lavoro. I dipendenti che partecipano a questi rituali tendono anche a fare il miglio extra per l’azienda, mostrando una migliore “cittadinanza organizzativa”.
Gli spazi devono essere progettati per ospitare questi rituali: sale polifunzionali, aree per eventi, cucine condivise. Non più solo postazioni di lavoro, ma palcoscenici per la vita sociale dell’organizzazione.
4. Flessibilità e Controllo Individuale
Permettere ai dipendenti di personalizzare il proprio spazio di lavoro può portare a un aumento del senso di controllo e proprietà, impattando positivamente sulla loro soddisfazione e benessere emotivo. Gli spazi rigidi e standardizzati generano alienazione; quelli che offrono scelta e adattabilità creano engagement.
Conclusione: Architettare l’Esperienza, Non Solo i Metri Quadri
Il passaggio dall’ufficio come obbligo all’ufficio come scelta non è una moda passeggera, ma una trasformazione strutturale del significato del lavoro. Come il bar italiano è un terzo luogo dove si sceglie di andare per il piacere dell’incontro, così l’ufficio del futuro deve diventare una destinazione desiderabile.
Questo richiede un cambio di paradigma nella progettazione: non più ottimizzare i metri quadri per la produttività, ma architettare esperienze che generino magnetismo sociale. Spazi che ospitino rituali condivisi, che rispettino la scala umana, che offrano varietà per personalità diverse, che integrino natura e comfort psicologico.
Come evidenzia il report JLL, il design nel 2025 si concentrerà su come il real estate può supportare i bisogni sociali fondamentali e il benessere sociale delle persone. Non si tratta di riportare le persone in ufficio con mandati dall’alto, ma di creare luoghi che le persone non vedano l’ora di frequentare.
La sfida per i progettisti è chiara: trasformare secondi luoghi obbligatori in terzi luoghi desiderabili. E in questa trasformazione si gioca il futuro del workplace design.


